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GIOCHI E POESIA

di Gioia Guarducci

da "Il Dolce Stile Eterno" supplemento de L'Alfiere di Ottobre 2004


Nell'antichità la competizione agonistica è stata sempre legata ad attività religiose. I giochi erano per i popoli dell'Ellade molto più di semplici manifestazioni sportive: erano considerati celebrazioni sacre e davano ai vincitori fama, onori e ricchezze. Importante era vincere…. non partecipare! (che ne avrebbe detto il barone de Coubertin?). Ad Olimpia erano celebrati ogni 4 anni i giochi (le Olimpiadi) in onore di Zeus, a Delfi i giochi Pitici in onore di Apollo, a Corinto i giochi Istmici in onore di Posidone e a Nemea i giochi Nemei in onore di Zeus, questi ultimi con cadenza biennale.

Olimpia, che sorge sulla riva settentrionale del fiume Alfeo, al centro di una fertile pianura ad appena 10 miglia dal mare, deve la sua fama all'essere stata, con il suo santuario, la sede delle più importanti gare del mondo antico.

Dal punto di vista storico l'istituzione dei Giochi Olimpici avviene nell'VIII secolo a.C., all'incirca all'epoca della composizione dei poemi omerici (i primi giochi vennero celebrati nel 776 a.C.).

Spesso nell'Iliade e nell'Odissea, la cui stesura scritta risale però al tempo di Pisistrato (VI sec. a.C.), si leggono descrizioni di gare, di lotta, di corsa a piedi o con i cavalli disputate tra gli eroi per onoranze funebri o altre festività religiose.

Le gare in cui durante i giochi si cimentavano gli atleti rimasero pressoché le stesse fin dopo la conquista romana. Questo ci fa intendere quanto l'agonismo fosse parte importante della tradizione e con quale rispetto gli antichi vi si accostassero. Tutto il territorio dell'Elide, la regione di Olimpia, era ritenuto sacro.

Durante le Olimpiadi era proclamata la “Tregua Sacra”, che si doveva osservare durante lo svolgimento della festa per permettere a tutti di raggiungere la sede delle gare ed impedire che conflitti armati turbassero lo svolgimento delle stesse. I Giochi si tenevano tra la metà di Agosto e la metà di Settembre e duravano cinque giorni (più tardi sette), di cui il primo e l'ultimo completamente dedicati alle preghiere e ai sacrifici agli dei. Nei restanti giorni si svolgevano le gare equestri ed il pentatlon, le gare di corsa e nell'ultimo giorno quelle di lotta ed il pancrazio. In occasione delle Olimpiadi venivano rappresentate le opere drammatiche dei grandi Poeti e si svolgevano importanti gare di poesia.

Per secoli i Greci misurarono il tempo in Olimpiadi, dando ad ogni quadriennio il nome del vincitore della gara di corsa e della sua città.

Nel VI-V secolo a.C., il poeta greco Simonide di Ceo celebrò le vittorie nelle gare panelleniche con epinici (canti di vittoria) che i critici alessandrini divisero in base al tipo di gara: Corsa , Lotta , Pugilato , Carro , Quadriga , Corsa con le mule , Corsa con le cavalle .

Di Pindaro (VI-V sec. a.C.), uno dei più grandi lirici greci, ci sono pervenuti 4 libri di canti di vittoria per i vincitori dei giochi olimpici .

Nell'VIII epinicio egli celebra la città di Olimpia, in occasione della vittoria di un atleta nell'ottantesima Olimpiade dell'età antica, svoltasi nel 460 a.C. :

“Olimpia, madre dei giochi dalla dorata corona,
sovrana di verità: dove i profeti studiando e analizzando
vittime in fiamme chiedono
a Zeus dalla folgore splendente
se ha un disegno propizio per gli uomini
desiderosi nel cuore
di cogliere il grande successo,
balsamo contro gli affanni!”

Altrove leggiamo:

"Come l'acqua è il più prezioso di tutti gli elementi,
come l'oro ha più valore di ogni altro bene,
come il sole splende più brillante di ogni altra stella,
così splende Olimpia, mettendo in ombra tutti gli altri giochi .”

Il poeta incantato dalla bellezza degli atleti scrive:

"Io mi consumo come cera al calore,
quando guardo la giovinezza dei ragazzi dalle floride membra"

Anche lo storico greco Erodoto (V sec. a.C.) ci parla di Olimpia e ricorda di aver letto pubblicamente durante i giochi le sue Storie , e che tutti gli ascoltatori rimasero coinvolti dal racconto del passato recente delle vittorie sui Persiani, cosicché ne ricevette grande onore e fama, tanto da eguagliare la gloria degli atleti vittoriosi.

Le Olimpiadi continuarono ad essere celebrate per molti secoli, fin quando nel 393 d.C. l'imperatore Teodosio , accogliendo le richieste di Ambrogio, vescovo di Milano, li soppresse ufficialmente, perché durante il loro svolgimento venivano ancora tributati agli dei preghiere e culti pagani.

Chiudo questo breve excursus su Giochi e Poesia, ricordando che, pur senza l'alone di sacralità che circondava le antiche gare sportive, vi sono in epoca vicina a noi poeti che hanno dedicato versi ad un atleta o al gioco, come Giacomo Leopardi ( “Ad un vincitore del gioco del pallone” ) e Umberto Saba, che ha scritto ben cinque poesie dedicate al gioco del calcio, di cui forse la più conosciuta è Goal”.

Nell'età moderna, le Olimpiadi sono risorte come rassegna mondiale dello sport dilettantistico, su iniziativa del francese de Coubertin, e vengono indette ogni quattro anni a partire dal 1896. Nel periodo che va dai Giochi del 1912 a quelli del 1948, si riuscì a far disputare contemporaneamente gare artistiche e gare sportive. I concorsi riguardavano: architettura, scultura, pittura, letteratura e musica (il cosiddetto “Pentathlon delle Muse”).

Oggi purtroppo questo non c'è più e tanto meno sembra possa esistere la possibilità di “Tregua Sacra” o di …… agoni poetici!

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Giacomo Leopardi

Ad un vincitore del gioco del pallone

“………………………..
Te rigoglioso dell'età novella
Oggi la patria cara
Gli antichi esempi a rinnovar prepara.
Del barbarico sangue in Maratona
Non colorò la destra
Quei che gli atleti ignudi e il campo eleo,
Che stupido mirò l'ardua palestra,
Né la palma beata e la corona
D'emula brama il punse. E nell'Alfeo
Forse le chiome polverose e i fianchi
Delle cavalle vincitrici asterse
Tal che le greche insegne e il greco acciaro
Guidò de' Medi fuggitivi e stanchi
Nelle pallide torme;

............................................”

 

Umberto Saba, che ha scritto ben cinque poesie dedicate al gioco del calcio, di cui la seguente è forse la più conosciuta,

Goal

“Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non vedere l'amara luce.
Il compagno in ginocchio che l'induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

La folla - unita ebbrezza - par trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questi belli,
a quanti l'odio consuma e l'amore,
è dato, sotto il cielo di vedere.

Presso la rete inviolata il portiere
- l'altro - è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda da lontano.
Della festa - egli dice - anch'io son parte.”

 

Gioia Guarducci