Le rubriche

La poesia dialettale

di Mario Macioce

tratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze

 

I parte

II parte

III parte


2a parte

Parlando di poesia dialettale, non si può fare a meno di ricordare quella che è una delle componenti del successo della canzone napoletana (che poi è l'autentica e autoctona canzone italiana).

Premesso che gli autori, anche limitandosi al periodo d'oro dell'Ottocento e del primo Novecento, sono troppi per poterli citare tutti, si può iniziare con Raffaele Sacco, cui si devono le parole di "Te voglio bene assaje" (1835), la cui musica è attribuita a Gaetano Donizetti, per passare subito a Salvatore Di Giacomo, che è il più importante poeta dialettale napoletano. Sono sue molte bellissime poesie, in gran parte musicate da Mario Costa e da altri bravissimi musicisti.

Dopo aver ricordato, fra i suoi capolavori, " Marechiaro ", " Era de maggio ", " Catarì " (Marzo, nu poco chiove ... ), " 'E spingule frangese ", riporto alcuni versi della dolce e malinconica " Palomma 'e notte "

Tiene mente sta palomma
comme ggira comm'avota
comme torna n'ata vota
sta ceroggena a tentà!
. . . . . . .

 Carulì pe' nu capriccio
tu vuò fa scuntento a n'ato,
e po' quanno ll'è lassato
tu addò n'ato vuò vulà.
. . . . . . .

Vattenne 'a lloco!
Vattenne, pazzarella!
Va, palummella, e torna e torna
a st'aria accussì ffresca e bella!
O bbì ca io pure
m'abbaglio chiano chiano,
e ca m'abbruscio 'a mano
pe' te né vulé caccià!
. . . . . . .

(Guarda questa farfalla come gira e rigira e torna un'altra volta a sfidare questa candela. . . . Carolina, per un capriccio tu vuoi rendere infelice un'altro, e poi quando l'hai lasciato, da un altro vuoi volare. . . Vattene da lì! Vattene pazzerella! Va, farfallina, e torna all'aria così fresca e bella! Lo vedi che anch'io m'abbaglio piano piano e che mi brucio la mano per cercare di cacciarti!)

 

Degli altri, scusandomi per le molte omissioni, citerò Giovanni Capurro, autore delle parole di "O sole mio", che molti all'estero credono sia l'inno nazionale italiano!; E.A. Mario, pseudonimo di Giovanni Gaeta, autore di parole e musica di molte belle canzoni napoletane, come "Maggio si tu" e "Santa Lucia lontana", ma anche della celebre e patriottica "Canzone del Piave" (Il Piave mormorava ...).

Poi Ernesto Murolo (padre del celebre autore e cantante Roberto Murolo) ("Napule ca se ne va", "Piscatore 'e Pusilleco"); Libero Bovio ("Guapparia", "Reginella"); Luigi Pisano ("Na sera 'e maggio"); Michele Galdieri ("Munasterio 'e Santa Chiara", "Serenatella a 'na cumpagna 'e scola").

Infine Edoardo Nicolardi, autore, oltre che di "Voce 'e notte" (1905), anche della canzone, musicata da E. A. Mario, più volte riproposta anche in tempi recenti: "Tammurriata nera" (1944) ( Ca tu 'o chiamme Ciccio o 'Ntuono, / ca tu 'o chiamme Peppe o Giro, / chill' 'o fatto è niro niro / niro niro comm'a cché! ), che riesce a far sorridere anche di uno dei più diffusi drammi della guerra e dell'occupazione militare.

 

E chiudo questa carrellata nel mondo della poesia e della canzone napoletana con un omaggio a un grande dello spettacolo: Antonio De Curtis, in arte Totò, autore di molte belle poesie dialettali, come " 'A livella"

Perciò stamme a ssentì... nun fa' 'o restivo
suppuorteme vicino - che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:
nuje simmo serie... appartenimmo â morte!

ma anche di parole e musica di " Malafemmena ".

Femmena,
tu si na malafemmena ...
Chist'uocchie 'e fatto chiagnere
lacreme 'e 'nfamità.
Femmena,
si tu peggio 'e na vipera
m' 'e 'ntussecata l'annema,
nun pozzo cchiù campà.
. . . . . . .

 

Lasciando Napoli per riprendere il cammino in giro per la penisola, facciamo tappa in Toscana, che non è solo la culla della lingua, ma anche sede di una valida produzione in vernacolo, diversificata nei vari linguaggi, dall'interno alla costa.

Cito per tutti Renato Fucini (1843-1921), nato in Maremma e vissuto in varie parti della Toscana, autore di gustosi sonetti in vernacolo pisano, come questo, in cui un ragazzino ha letto parole misteriose nel Catechismo e chiede spiegazioni alla madre:
. . . . . . . .
-O mamma, o fornïa' cosa vor di'?-
-Far 'r pane 'n forno.- -Com'avete detto?-
-Méttello 'n forno.- -O che è peccato?- -Sì
-Mamma, o carnale?- -O senti, veh, Pierino,
se nun ti 'eti a di' queste troiate,
ti rinchiudo 'n der solito stanzino!
. . . . . . .

 

I parte

II parte

III parte