Le rubricheLa metrica italianadi Mario Maciocetratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze
La Canzone Altro tipo di composizione poetica coetaneo del sonetto (anzi più antico, dato che era già presente nella poesia provenzale) è la Canzone. Nei primi secoli ha regole molto complesse, codificate anche da Dante e da Petrarca. La Canzone petrarchesca è formata da un numero indeterminato (da 5 a 8, ma anche più) di strofe (o stanze ) di endecasillabi e settenari, tutte uguali tra loro. Partendo da alcune regole fisse, si può creare liberamente la prima strofa, sia come numero e alternanza di endecasillabi e settenari, sia come rime; poi però tutte le altre strofe di quella canzone devono essere costruite allo stesso modo, con la stessa disposizione di versi e con analogo schema di rime. Scendendo più nel dettaglio (chi non è interessato salti questi discorsi), ogni strofa è divisa idealmente in due parti, fronte e sirma (o coda), a loro volta suddivise secondo questo schema:
I due piedi devono avere lo stesso numero di versi - da 1 a 4 o anche più - e una qualche simmetria di rime. La chiave, che può anche non esserci, è un verso di collegamento che rima con l'ultimo verso della fronte. La sirma può essere formata da due parti di ugual numero di versi, dette volte, ma in genere, nella canzone italiana, è un'unica parte indivisa. L'ultima strofa della canzone è detta congedo o commiato e spesso non è una strofa intera, ma un piccolo raggruppamento di versi, con struttura metrica ripresa dalla sirma. Tutto questo discorso fa capire chiaramente perché la Canzone non ha avuto nei secoli lo stesso duraturo successo del Sonetto. Le complicazioni e gli arzigogoli della sua struttura hanno attratto sempre meno i poeti, man mano che ci si allontanava dal Medioevo e dal suo modo di vivere e di pensare. Ciò non toglie che autori di tutte le epoche talvolta si siano cimentati in questa composizione, per così dire, d'antiquariato. Alcune poetesse che frequentano il nostro Laboratorio di poesia hanno creato bellissime Canzoni petrarchesche, rigorose nella forma, ma molto più brevi e naturalmente moderne nel linguaggio e nei contenuti. Leopardi ha composto anche qualche canzone di stile petrarchesco, ma poi ha preferito dar vita ad una composizione molto più snella, che pur mantenendo l'uso esclusivo di perfetti endecasillabi e settenari, a garanzia di una elegante musicalità poetica, ed anche un'articolazione in strofe, abbandona ogni regolarità: le strofe sono di un numero di versi differente e non hanno alcuna simmetria o ripetitività, le rime sono sparse e casuali. Viene chiamata "Canzone leopardiana" ed è stata variamente ripresa da molti autori moderni. A questo punto sarebbe bello inserire qualche canzone petrarchesca e non, ma si tratta di composizioni in genere molto lunghe e ci vorrebbe troppo spazio. Mi limiterò a riportare la prima strofa di una canzone famosa, Italia mia, benché 'l parlar sia indarno ed a mostrare lo schema di qualche altra, invitando chi può a cercarle nel Canzoniere di Petrarca.
Qui la strofa è di 16 versi; i primi tre costituiscono il primo piede, i successivi tre il secondo piede (e rimano, con un'inversione, con i primi tre); questi sei versi sono la fronte; segue la chiave, che rima con l'ultimo verso precedente, e poi c'è la sirma, con uno schema complesso di rime, in cui non s'individua una divisione in due parti. Le strofe successive (sei) sono costruite tutte come questa, cioè con la stessa alternanza di endecasillabi e settenari e con rime disposte analogamente. Per esempio la seconda strofa ha lo schema: H i L I h L l M N n M m o P o P, in cui le maiuscole, come al solito, rappresentano gli endecasillabi e le minuscole i settenari. Solo l'ultima strofa, il congedo (in cui, come spesso succede, l'autore si rivolge alla sua stessa poesia), è più corta delle altre e ha questo schema: x Y Z z Y y k W k W, che è poi analogo a quello della sirma di tutte le strofe precedenti. C'è dunque uniformità all'interno di una canzone, ma da una canzone all'altra tutto può cambiare. Le strofe vanno da un minimo di 7-8 versi fino a più di venti; i versi possono essere, raramente, tutti endecasillabi, in genere endecasillabi e settenari, in numero e con un'alternanza che variano da poesia a poesia, e così gli schemi di rime, salvo, più o meno, le regole di base viste sopra. Per esempio nella canzone di Petrarca Chiare, fresche e dolci acque le strofe sono di 13 versi e lo schema è: a b C a b C c d e e D f F, etc., con il congedo di soli 3 versi: X y Y; nell'altra Che debbo io far? che mi consigli, Amore? ogni strofa è di 11 versi, con schema del tipo: A b C A b C c D d E E (congedo: x Y y Z Z). Una variante della Canzone è quella che viene chiamata Canzonetta, quando i versi sono tutti brevi, in genere settenari, e le strofe spesso molto più corte che nella canzone. Ve ne sono esempi già nella scuola siciliana, come Meravigliosamente di Jacopo da Lentini; riporto l'ultima strofa, di 9 versi come le altre, in cui il Poeta si rivolge alla sua poesia e approfitta per ... farsi un po' di pubblicità (il Notaro da Lentini è lui!). Canzonetta novella, Come esempio invece di Canzone leopardiana, dalle regole molto più snelle e informali (ma con i versi sempre in perfetta metrica), si può vedere A Silvia, di Leopardi, fatta di sei strofe diverse fra di loro e con una libera disposizione di endecasillabi e settenari e di rime; ecco le prime due strofe. Silvia, rimembri ancora Sonavan le quïete La Ballata Il terzo tipo di composizione poetica "classica", con il Sonetto e la Canzone, è la Ballata , che in origine era accompagnata non solo dalla musica, ma anche dalla danza (infatti era detta anche "canzone a ballo"). La struttura metrica è piuttosto varia e simile a quella della Canzone, ma con strofe in genere più brevi e meno numerose. La caratteristica peculiare però è di avere all'inizio una piccola strofa di pochi versi che costituisce la "ripresa" (o "ritornello"). Questa strofetta, che nei testi si scrive per semplicità una volta sola, era fatta per essere ripetuta, quando la poesia veniva recitata o cantata. In questo caso infatti il ritornello veniva cantato in coro dai danzanti in cerchio al principio del ballo e poi di nuovo dopo ogni strofa, che era cantata invece da un solista. È la Ballata, e non la Canzone classica, l'antenata di quelle moderne canzonette musicali fatte di strofe e ritornello. Oggi però molte composizioni sono del tutto prive di forma e sono costituite da una musica senza regole, cucita su misura su un testo senza regole; il tutto naturalmente è poco orecchiabile e difficile da imparare, ma questo ha poca importanza, anche perché spesso le canzoni attuali sono realizzate in video; allora il testo - in genere incomprensibile - conta meno della musica, che conta meno della scenografia, che conta meno degli effetti speciali, che contano meno dell'avvenenza di cantanti e ballerine, che conta meno dei decimetri quadrati di pelle scoperta. La Ballata "tipica" è fatta così:
La strofa ha una prima parte distinta in due (o più) mutazioni o piedi, di egual numero di versi e con le stesse terminazioni (per es. ab ab), in relazione a un motivo musicale ripetuto per ogni piede; c'è poi una seconda parte, detta volta (perché con la sua rima volge al ritornello), in relazione ad un altro motivo musicale, diverso sia da quello del ritornello che da quello ripetuto nelle mutazioni; la struttura metrica della volta è analoga al ritornello; la corrispondenza delle rime può essere varia, ma il primo verso della volta fa rima con l'ultimo delle mutazioni e l'ultimo verso della volta, in ogni strofa, deve rimare con l'ultimo verso del ritornello. La seconda strofa avrà un analogo schema di rime: D E D E E F F X, e così via. Secondo una terminologia diffusa (ma non accettata da tutti) la ballata si dice grande se ha la ripresa di 4 versi, mezzana se di 3, minore se di 2, piccola se di 1 endecasillabo, minima se di 1 verso breve, ottonario o settenario; se poi la ripresa ha più di 4 versi, la ballata si dice stravagante. Ecco alcuni esempi. Di Giovanni Boccaccio Il fior che 'l valor perde (ripresa e prime due strofe):
(qui i primi due versi della strofa sono il primo piede, il terzo e quarto il secondo piede) Di Lorenzo de' Medici il Trionfo di Bacco e di Arianna , ripresa e prima strofa:
Di Angelo Poliziano, ripresa e prima strofa:
Per venire ad un esempio moderno, possiamo citare la Ballata dolorosa di Giosuè Carducci, di una sola strofa e con piedi di tre versi.
Il Madrigale E' un breve componimento, che ebbe molta fortuna dal XIV al XVIII secolo, non solo dal lato poetico ma anche musicale. Consisteva in origine di due o tre strofe di tre endecasillabi con rapporti vari di rima, seguiti da due endecasillabi a rima baciata, oppure da quattro endecasillabi a rima alternata. Questo madrigale è di Petrarca:
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