Le rubricheLe Donne nella Storia Letteraria Italianadi Gioia Guarduccitratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze
I parte Nelle conversazioni tra amici, che, come me, si dilettano di letteratura, ci siamo spesso chiesti quanta
parte abbia avuto la donna nella storia letteraria italiana dalle origini fino ai giorni nostri. Se andiamo con la
mente ai ricordi scolastici dobbiamo constatare che pochissimi nomi femminili tornano alla memoria, anzi tra i
"Grandi" proprio nessuno. Ciò nonostante mi sono accinta, per pura curiosità intellettuale, a sfogliare con puntigliosa diligenza sia
la Storia della Letteratura Italiana sia le più usate Antologie dei nostri Licei. La poesia d'amore, tema più congeniale all'animo femminile, ebbe inizio in Italia su imitazione della
poesia Provenzale ed acquisì vera indipendenza letteraria con i poeti della Scuola
Siciliana. Unica eccezione, nel 1200, si ha con una poetessa fiorentina, che conosciamo sotto lo pseudonimo di: - COMPIUTA DONZELLA (Significativo è l'uso di un nome d'arte in un'epoca in cui nessun
poeta riteneva opportuno di doversi celare!). A la stagion che 'l mondo foglia e fiora la franca gente tutta s'inamora, Ca lo mio padre m'ha messa 'n errore, ed io di ciò non ho disio né voglia, Di questi versi il critico A. Momigliano dice: "L'ultima terzina è di una sobrietà da vero poeta; e tutto
il sonetto adombra in poche linee di misurata tristezza il dramma di un'anima raccolta e pensosa". Con l'avvento del Dolce Stil Novo, la donna crebbe d'importanza, non tanto come autrice di versi, ma
in quanto simbolo di gentilezza e di virtù, sorgente di purificazione spirituale, mezzo per elevarsi fino a Dio. Dobbiamo, però, arrivare alla seconda metà del XIV secolo per trovare una presenza femminile
tra gli autori di cui ci è stato tramandato il nome e l'opera. - CATERINA DA SIENA (1347-1380), con le Lettere e Il Dialogo della Divina
Provvidenza. Successivamente nel XV secolo, nella Firenze Medicea, troviamo tra gli scrittori di sacre rappresentazioni - ANTONIA GIANNOTTI PULCI con la sua Santa Guglielma, un esempio di teatro
devoto, in cui sono inseriti molti elementi romanzeschi. Sempre del XV secolo è: - ALESSANDRA MACINGHI STROZZI ( Firenze 1407-1471), vedova di Matteo, nobile del casato degli Strozzi, che fu esiliato con i figli per ragioni politiche. Di lei, nel carteggio degli Strozzi, ora nell'Archivio di Stato di Firenze, sono state tramandate le Lettere ai figliuoli esuli. Queste sono lettere spontanee, scritte con l'immediatezza del parlare familiare, piene di buoni sentimenti e di tenerezza, ma prive di un qualsivoglia intento letterario. Agli inizi del secolo XVI viene citata: - TULLIA D'ARAGONA (1508-1556), una cortigiana, che, nata a Roma, visse in varie città italiane. Di lei abbiamo eleganti Rime di ispirazione amorosa secondo i canoni petrarcheschi e l'opera Dialogo della infinità di amore. Quest'ultimo è da alcuni critici attribuito a Benedetto Varchi, (forse perché scritto troppo bene per essere opera di una donna?) Nel 1559 Ludovico Domenichi pubblica a Lucca il libro "Rime diverse di alcune nobilissime e virtuosissime donne". Questo avvenimento ci fa capire che, in un'epoca divenuta più colta e più libera, molte furono le donne, che coltivarono la poesia. La critica letteraria non è, devo dire, molto favorevole nel giudicarle, almeno secondo il giudizio di studiosi come il nostro contemporaneo Natalino Sapegno, che scrive testualmente: "All'insegnamento petrarchesco si attengono come ad utile freno, pur nella loro naturale tendenza all'effusione immediata e disordinata del sentimento, le moltissime rimatrici del tempo". Penso, comunque, sia doveroso ricordare qui i nomi delle poetesse, che ho trovato riportati nei libri di
letteratura ad uso delle scuole: - BARBARA TORELLI STROZZI (1475-1533), gentildonna parmense, cui viene attribuito un unico
sonetto sulla morte del secondo marito Ercole Strozzi, assassinato pochi giorni dopo le nozze. E' un sonetto
molto ammirato per il vigore realistico, tuttavia, proprio per questo, recentemente la critica lo ha attribuito al
poeta ferrarese Girolamo Baruffaldi. - VERONICA GAMBARA (1485-1551), contessa bresciana, che andò sposa a Gilberto, signore di
Correggio. Rimasta vedova a soli 28 anni resse con fermezza il governo del suo staterello. Quando miro la terra ornata e bella - VITTORIA COLONNA, romana (1490-1547), che fu moglie del Marchese di Pescara. Rimasta
presto vedova, visse un'intensa esperienza religiosa. Fu legata da amicizia con artisti del tempo, quali
Michelangiolo e il poeta Galeazzo Tarsia. Scrisse anche lei rime di gusto petrarchesco con un
linguaggio elegante, ma senza un vero abbandono poetico. A quale strazio la mia vita adduce Tutto il bel che natura a noi produce, Se verde prato e se fior vari miro, che morte svelse. A lui la grave salma - FRANCESCA TURRINI BUFALINI, umbra di Città di Castello, (XVI sec.) di lei scarse sono le
notizie sulla vita. Scrittrice di buona cultura, compose poesie sacre e delicate liriche petrarchesche, che
rievocano i suoi affetti e la quiete di un'esistenza serena. I suoi versi vennero pubblicati a Roma nel 1595 e
a Città di Castello nel 1608. Cara, fida, secreta cameretta, quanto in ogni stagion fosti diletta, Or con trapunti il giorno iva passando, Ché a questo ogn'altro ben non paragona,
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