Le rubriche

Le Donne nella Storia Letteraria Italiana

di Gioia Guarducci

tratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze

 

III parte

Verso la fine del XVII secolo nacque a Roma l'Accademia Letteraria che fu detta Arcadia, i cui ideali poetici si diffusero negli anni successivi in tutta l'Italia.
Il carattere di questa Accademia fu di forte richiamo ad una vita più semplice, lontana dai fasti dell'epoca barocca. I suoi iscritti si dissero "pastori" e presero nomi d'arte derivati dalla tradizione pastorale classica. Essi cantarono una vita idilliaca tutta vissuta nella cornice di una campagna ideale e rarefatta. Il verseggiare aggraziato dell'Arcadia, nella sua morbida musicalità, fu a lungo di moda.

Tra i letterati del XVIII secolo, appartenenti all'Arcadia vi furono certo molte dame, però conosciamo, almeno per quello che riportano alcuni testi scolastici, solo poche presenze femminili :

- MARIA SELVAGGIA BORGHINI (1656 - 1731), pisana, poetessa e Accademica degli Stravaganti, tradusse dal latino le Opere di Tertulliano. Scrisse numerosi sonetti e canzoni. Ci rimane di lei anche un epistolario con i più illustri letterati del suo secolo.

- FAUSTINA MARATTI, poetessa e bellissima moglie del poeta arcade G.B. Zappi* (conosciuto anche con il nome bucolico di Tirsi Leucasio) di cui vengono ricordati i tristi ed eleganti versi scritti per la morte del figlioletto.

*[ Dei versi inzuccherati di quest'ultimo lo scrittore Giuseppe Baretti, in polemica con tutti questi poeti, da lui considerati "perdigiorno" per le scipite "pastorellerie", scrisse : "Oh cari que' suoi smascolinati sonettini, pargoletti piccinini, mollemente femminini, tutti pieni d'amorini" ]

- ISABELLA PIGNONE DEL CARRETTO

- TERESA ZANI

- PETRONILLA PAOLINA MASSIMI

Di loro come di tutte le altre poetesse arcadi viene detto, forse un po' ironicamente, che nei loro versi vagheggiarono soltanto una vita quieta a contatto con una natura artificiale, fatta di verdi boschi e chiari ruscelletti.

Verso la fine del XVIII secolo, raggiunse una certa notorietà la marchesa, patriota napoletana di padre portoghese, finita sul patibolo a soli 47 anni:

- ELEONORA DE FONSECA PIMENTEL (1752-1799).
Da giovane fece parte dell'Arcadia e scrisse poesie di buona fattura, specialmente cinque sonetti in morte del figlioletto. Nella maturità, diresse, scrivendolo lei stessa quasi per intero, il giornale Monitore Napoletano, con cui cercò di avvicinare i ceti medi agli ideali della rivoluzione napoletana.

 

Nel XIX secolo, con la poetica nuova, più robusta e passionale, del Romanticismo, tra la schiera infinita di letterati e rimatori si trovano un discreto numero di scrittrici o poetesse.
Per prima è rammentata una scrittrice di novelle e racconti, che risentono dell'influsso del Manzoni , ma che anticipano in parte alcuni aspetti del Verismo:

- CATERINA PERCOTO (1812-1887), friulana. Tra le sue opere vi sono i Racconti, e le Novelle popolari.

Del secondo Ottocento è la milanese :

- ANNA RADIUS ZUCCARI (1846-1918), conosciuta come NEERA, (pseudonimo tratto dal nome di eroine mitologiche della poesia classica), che scrisse numerosi romanzi insieme a libri di poesie e racconti (in parte autobiografici), improntati a un tono intimistico e tardo-romantico.
Ritrasse un mondo femminile fondato su una salda riflessione morale ed ancorato a tradizionali ed ordinati principi.
I critici trovano la sua prosa dignitosa, ma un tantino opaca e generica.

Più famosa è invece la scrittrice ( e giornalista), nata a Patrasso, Grecia, da padre italiano emigrato là per lavoro e da madre greca:

- MATILDE SERAO, che fin dalla primissima infanzia (dal 1860) venne a vivere a Napoli.
A 22 anni entrò nella redazione del Corriere del Mattino, successivamente collaborò con molti giornali dell'epoca.
Sposò lo scrittore e giornalista Edoardo Scarfoglio, dal quale ebbe quattro figli.
Fondò con lui Il Corriere di Roma e poi passò al Corriere di Napoli, infine diede vita al quotidiano Il Mattino.
Separatasi dal marito nel 1902, fondò Il Giorno, che diresse fino al 1927, anno della sua morte. Scrisse molti romanzi di stile tardo romantico-verista, tra i più famosi: Il ventre di Napoli e Il paese di Cuccagna.

Curiosità, anche per la sua tragica fine, suscitò la figura di:

- EVELINA CATTERMOLE MANCINI (1849-1896), fiorentina di padre scozzese, che, dopo una vita travagliata da amori burrascosi, fu assassinata dall'uomo col quale conviveva.
Con lo pseudonimo di CONTESSA LARA scrisse una raccolta di Versi (1883), che ebbe notevole successo.
Nel suo stile già si avverte il segno del prossimo Decadentismo, specie per l'estetismo, per il gusto dell'esotico, dell'erotismo e dei simboli.
La sua è una poesia di confessione autobiografica, un diario confidenziale dell'animo femminile, come possiamo capire da questi versi:

Ed eccomi qui sola a udire ancora
Il lieve brontolio de' tizzi ardenti;
Eccomi ad aspettarlo: è uscito or ora
Canticchiando co'l sigaro tra i denti

Gravi faccende lo chiamavan fuora:
Gli amici, a 'l giuoco de le carte intenti
Od un soprano che di vezzi infiora
D'una storpiata melodia gli accenti.

E per questo riman da me diviso
Fin che la mezzanotte o il tocco suona
A l'orologio d'una chiesa accanto.

Poi torna allegro, m'accarezza il viso,
e mi domanda se son stata buona,,
senza nemmeno sospettar che ho pianto.

Sentite e semplici sono però le parole d'amore di questi versi:

Una lanterna giapponese accende
d'un vermiglio riverbero i ricami
del grande arazzo, ove un guerrier discende,
tutto d'oro, d'un loto alto fra i rami.

Qui sono i versi suoi dentro uno scrigno
niellato da un mastro fiorentino,
e in una coppa a cui si avvolge un cigno
ho un suo mazzo di rose a me vicino.

Ma le strofe che han musica d'amore
quale non l'udì mai regina in soglio,
le rose che de' suoi baci hanno odore,
non mi bastano più: lui solo voglio...

 

Una vena più fortemente realistica, che spazza via il vecchio luogo comune che vede nelle poetesse solo la languida, intima effusione del sentimento, la troviamo in

- VITTORIA AGANOOR POMPILJ (1855-1910), padovana di origine armena.
Essa ritrasse la passione amorosa senza una vera partecipazione emotiva, ma come schema convenzionale di relazioni umane, come studio di comportamento sociale, per una sua curiosità astratta ed intellettuale relativa al rapporto tra individuo ed individuo. Questa autrice arriva a pensare che vi sia una sorta di incomunicabilità tra gli esseri umani
Prendiamo ad esempio una poesia dove evoca i suoi cari:

O morti, dite una parola, dite
Una parola!...Con l'orecchio io tendo
Tutta l'anima mia...Passa una nube
E l'erba trema...Oh certo voi m'udite,
mi parlate...e son io che non v'intendo.

Oppure la poesia Dialogo:

Noi parliamo, ma so io
quel che pensate
veramente? E voi sapete
quello ch'io penso?
Van le parole e un sottile velo di riso
Spesso ne maschera il senso

 

Una famosissima scrittrice verista di questo periodo è stata:

- GRAZIA DELEDDA (1871-1936), di Nuoro. Le sue opere ebbero grande risonanza per l'attenzione e l'appassionata rievocazione del suo ambiente regionale.
Nel 1927 ricevette il Premio Nobel per la letteratura.
Ricordiamo tra i suoi più noti romanzi: Canne al Vento, Cosima, Marianna Sirca , Elias Porolu.

Di scarso rilievo è l'opera della scrittrice:

- ANNIE VIVANTI (1868-1942), nata a Londra da padre italiano Ella viene ricordata anche perché fu allieva (molto amata) di Giosuè Carducci, che fece la prefazione ad una sua raccolta di versi Lirica, edita nel 1890.
Ebbe comunque maggiore fortuna come scrittrice di romanzi (I divoratori; Vae Victis, Mea culpa; ecc) che per i suoi versi. Il suo stile, dicono i critici, è venato di un sentimentalismo abbastanza convenzionale.

Tra i poeti cosiddetti Crepuscolari troviamo :

- AMALIA GUGLIELMINETTI (Torino1881-1941), famosa anche per la lunga relazione con il poeta Guido Gozzano. Le loro Lettere d'amore furono pubblicate postume nel 1951.
Essa risentì molto nei suoi versi dei moduli dannunziani.
Scrisse poesie di una sensualità inquieta (Le vergini folli; L'insonne; I serpenti di Medusa) e romanzi con eroine travolte da passioni sconvolgenti. Scrisse anche qualche testo per il teatro.

Sera di vento

Dolce salire nella chiara sera
sola col vento che m'abbraccia, folle
più d'ogni amor, la strada erta del colle
fra un presagio lontan di primavera

Dolce, s'io pur di un'ironia leggera
mi punga, come chi desto da un molle
sogno, se quasi già dolersi volle,
ride di sua stoltezza passeggiera.

O breve inganno, io ben di te mi spoglio.
Fatta serena, del destino il gioco
senza umiltà io seguo e senza orgoglio.

Ma mi figuro d'avanzar guardinga
E curiosa per gioir fra poco
d'altra menzogna bella di lusinga.