Le rubriche1 OTTOBRE 2005 - CONVEGNO DI GENOVAIl SONETTO dal Dolce Stil Novo al Dolce Stile Eterno8 secoli di successo in tutto il mondo della più italiana delle forme poetichedi Elena Zucchinitratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze
La storia del sonetto comincia nel 1200, agli albori della storia della nostra letteratura, quando nasce la nostra lingua. In Italia lo svincolamento dal latino è un percorso lungo e il processo di volgarizzazione della lingua avviene più lentamente che negli altri Paesi europei. In Europa si è affermata la letteratura cortese, provenzale: è perciò la Francia ad esercitare il predominio culturale in tutta Europa. Nel 1220 Federico II di Svevia viene eletto imperatore. Uomo colto, poliglotta, poeta egli stesso, il nuovo imperatore pone la sua corte, la Magna Curia, in Sicilia, dove di preferenza risiede, circondandosi di poeti provenzali. Come in politica si oppone al Papato, così allo stesso modo afferma la laicità della cultura favorendo l'uso del volgare. Alla sua corte si forma una scuola (denominata poi da Dante “Scuola Siciliana”) che influenza tutta l'Italia, tant'è vero che vengono chiamati “Poeti Siciliani” anche quelli nativi di regioni del Centro e del Nord Italia. In questo ambiente nasce la POESIA LIRICA ITALIANA , che trova nell' endecasillabo il suo migliore strumento espressivo. L'egemonia della Scuola Siciliana dura fino alla morte dell'imperatore nel 1250. Ma in questo breve periodo quanti cambiamenti! Se il tema principale resta sempre quello d'amore, cambia invece la figura del poeta: non è più un cavaliere, un nobile cadetto o un giullare, il nuovo poeta è un funzionario dello stato, un borghese che svolge funzioni amministrative a corte. E soprattutto non è più un musico. Egli compone versi destinati alla lettura. Questa è la grande novità: la poesia divorzia dalla musica. Il verso non è più modellato sui tempi musicali, ma deve ritrovare la propria musicalità interna grazie alla metrica. Del loro precedente stretto rapporto restano i nomi delle varie forme poetiche, nomi derivanti dall'ambito musicale (canzone, ballata, sonetto). In questa corte piena di fermenti culturali emerge la figura di JACOPO DA LENTINI di cui si sa con certezza solo che svolse la sua attività di funzionario imperiale dal 1233 al 1241 (per questo Dante lo chiamerà “il Notaro” nel canto XXIV del Purgatorio). Egli è il vero caposcuola, fondatore del genere lirico e inventore del sonetto. Di Jacopo da Lentini dunque il sonetto "Amore è un desio che ven dal core". Amore è un desio che ven dal core Ben è alcuna fiata omo amatore Chè gli occhi rappresentano a lo core E lo cor, che di ciò è concepitore, Da questo primo esempio si può facilmente recepire che il sonetto è una forma lirica breve caratterizzata da compattezza stilistica e tematica. Stephane Mallarmé (poeta francese di inizio ‘900) ne ha dato una definizione molto azzeccata: “gran poema in piccolo”. Mentre il nome deriva dal francese “Sonet” che significa piccola melodia (come a dire canzoncina), in qualità di struttura metrica nasce in Italia dall'invenzione cosciente di Jacopo da Lentini che ha voluto creare in maniera indipendente e originale una forma artistica precisa fatta in un determinato modo. L'ispirazione potrebbe essergli derivata dall'isolamento della stanza della canzone, di cui per analogia conserva la distinzione in “fronte” cioè la parte iniziale, narrativa in cui si propone l'argomento e “sirma” la parte conclusiva in cui si svolge la meditazione. La morfologia di base del sonetto è composta da 14 endecasillabi (verso “principe” della poesia italiana fatto di 11 sillabe o per meglio dire con l'ultimo accento tonico sulla decima sillaba) suddivisi in 4 strofe: due quartine che costituiscono la fronte e due terzine la sirma. In quanto a struttura rimica , nelle quartine accanto allo schema originale di Jacopo da Lentini a rima alternata ABAB ABAB , compare ben presto quella a rima incrociata ABBA ABBA , soprattutto nel mondo fiorentino. E via via nel tempo si sono accostate altre variazioni, talvolta rare e inconsuete. Le terzine invece risultano più diversificate, l'unica norma è che nella seconda deve ricorrere almeno una rima della prima. Le più frequenti sono: CDE CDE (rima ripetuta), CDC DCD (rima alternata), CDE EDC (rima invertita). Di questo schema classico esistono, fin dal Duecento, numerose varianti che mostrano come il sonetto fosse sentito come una stanza di canzone, tanto è vero che venne anche usato come una strofa vera e propria (per es. nel “FIORE” componimento di 232 sonetti attribuito a Dante). Le varianti di maggior rilievo possono riguardare il numero dei versi ; le più frequenti sono: sonetto rinterzato cioè “rafforzato” con l'inserimento di settenari fino ad ottenere un massimo di 22 versi; sonetto ritornellato cioè ampliato con un verso conclusivo detto “ritornello” oppure con un distico (“ritornello doppio”); sonetto caudato con una coda, cioè un'aggiunta, ad esempio un distico (due endecasillabi a rima baciata) preceduto da un settenario che rima con l'ultimo verso delle terzine. Altre varianti possono riguardare il tipo dei versi, ad esempio: sonetto minore composto da versi più brevi di quello canonico ad esempio settenari od ottonari; sonetto minimo fatto di quinari. Esistono poi varianti che riguardano il tipo di rima, come: sonetti sdruccioli e tronchi che terminano solo in parole sdrucciole o tronche; sonetto continuo in cui si avvicendano due sole rime. E quant'altro abbiano prodotto l'esercizio di stile (come il sonetto acrostico in cui le lettere di inizio verso formano una parola o frase compiuta), l'artificio metrico-retorico (come il sonetto incatenato dove tutti i versi sono legati da rima interna) e persino la sperimentazione oziosa. Ma la cosa importante è che, dopo che Dante ne ha dato per scontata l'inferiorità rispetto a ballata e canzone come genere letterario, il sonetto diviene subito una forma appropriata anche allo stile elevato (anche in Dante stesso) e conserva in tutta la poesia italiana fino ad oggi una completa disponibilità a tutti i livelli di stile (d'amore, comica, sentenziosa, d'occasione). Non solo, ma uscito dai confini d'Italia fin dal 1500, entra nelle varie letterature europee e d'oltre oceano dove si evolve, si modifica, ma rimane “IL SONETTO”, un prodotto non popolare, ma d'arte, nato in Italia nel 1200 e giunto sino a noi sempre uguale a se stesso e ben riconoscibile. La crisi della casa di Svevia provoca la fine dell'egemonia culturale della Scuola Siciliana, ma il patrimonio d'arte e di cultura è ereditato dall'Umbria (con JACOPONE DA TODI) e soprattutto dalla Toscana. Anzi furono proprio i copisti toscani a tramandarci la produzione poetica siciliana che altrimenti sarebbe andata perduta. In Toscana l'ambiente cambia: non c'è più una monarchia centrale, c'è il COMUNE con i suoi cittadini. E il poeta è appunto un cittadino. Cambiano quindi i temi: accanto a quello d'amore entrano il tema morale e politico. Ma il sonetto continua il suo cammino glorioso anche quando si manifesta nel campo formale qualche ricerca di giochi di parole, di rime al mezzo, ad esempio in GUITTONE D'AREZZO, che oggi chiameremmo poeta d'avanguardia e per il quale invece parliamo di sperimentalismo formale. È proprio attraverso lo sperimentalismo di forme e contenuti e con l'evolversi del gusto e col prodursi di nuovi ideali poetici che si crea quel nuovo modo di poetare che Dante definirà il Dolce Stil Novo (Purg XXIV). L'iniziatore è GUIDO GUINIZZELLI (Bologna 1230-1276). Il Dolce Stil Novo utilizza ampiamente il sonetto per esprimere il nuovo ideale della donna angelicata. Il 1200 sta terminando: è l'epoca di Dante e Guido Cavalcanti. Che dire di DANTE ALIGHIERI? Fiorentino, nato nel 1265 e morto nel 1321, in lui culmina e si conclude il mistico medio-evo. È figura fondamentale e sempre attuale, basti pensare che ancor oggi il 15% del lessico italiano è stato immesso nell'uso per la prima volta da lui e che il 50% delle parole che usiamo si ritrova anche in Dante. Padre dunque della lingua e della letteratura italiana è pure riferimento decisivo della nostra identità nazionale. GUIDO CAVALCANTI, nato a Firenze intorno al 1255 e morto nel 1300, solo apparentemente è da considerarsi un poeta minore, poiché fu grande amico di Dante e ne influenzò notevolmente l'opera. Tema unico della sua produzione è l'amore, vissuto come opportunità di nobilitazione ed esperienza tragica, secondo i dettami del Dolce Stil Novo. Allora era in voga la tenzone poetica che spesso scadeva nell'insulto più volgare, ma che talvolta assurgeva al livello di vero capolavoro. Così DANTE e GUIDO si danno botta e risposta a suon di sonetti: Guido, i' vorrei… Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io sì che fortuna od altro tempo rio E monna Vanna e monna Lagia poi e quivi ragionar sempre d'amore, (Risposta di Guido a Dante) S' io fossi quelli che d'amor fu degno, E tu, che se' de l'amoroso regno e tragge l'arco, che li tese Amore, Or odi meraviglia ch' el disia: Ma per rimarcare come il sonetto si prestasse ad ogni genere letterario, eccone uno famosissimo in stile comico-realistico, del campione del genere, CECCO ANGIOLIERI , senese, nato nel 1260 e morto nel 1312: S'i' fosse foco, arderei ‘l mondo S'i' fosse foco, arderei ‘l mondo; s'i' fosse papa, sare' allor giocondo, S'i' fosse morte, andarei da mio padre, S'i' fosse Cecco, com'i' sono e fui, Entriamo cosi nel 1300… ed eccoci a FRANCESCO PETRARCA, colui che ha elevato il sonetto ad altissimi livelli di temi, di stile, di tono e di linguaggio. Nato ad Arezzo nel 1304 e morto nel 1374, Petrarca può essere considerato il fondatore della lirica moderna con la “scoperta” di un'interiorità nuova segnata dalla conflittualità interna. Egli sarà il polo d'orientamento di tutta la poesia del ‘500. Solo et pensoso Solo et pensoso i più deserti campi Altro schermo non trovo che mi scampi sì ch'io mi credo omai che monti et piagge Ma pur sì aspre vie né sì selvagge Il sonetto continua il suo percorso attraverso l'Umanesimo (secolo XV) e attraverso il Rinascimento (secolo XVI), somma gloria italiana, conoscendo grande fortuna sia nello stile aulico-amoroso ad opera di Lorenzo il Magnifico, del Boiardo e di tutto il gruppo dei Petrarchisti che spesso cadono nel più freddo manierismo (Pietro Bembo, Vittoria Colonna, Gaspara Stampa e Giovanni Della Casa inventore dell'enjambement) [=prolungamento logico da un verso al successivo] e soprattutto di Torquato Tasso, sia nello stile comico-realistico (Burchiello, Berni). Persino il grandissimo MICHELANGELO BUONARROTI ci lascia una serie di sonetti, ma di lui si ricordano ben altre opere! (segue)
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