Le rubriche
Il Dolce Stile Eterno nella poesia italiana del XX secolo
di Dalmazio Masini
tratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze
I parte
Quasi tutti i poeti del nostro secolo, pur esprimendosi prevalentemente in versi liberi, ci hanno lasciato
qualche bella pagina di poesia tradizionale. E partendo da questa constatazione alcuni anni fa avevo iniziato
un lavoro, mai ultimato, di ricerca di questi testi per riunirli in una originale antologia intitolata appunto IL
DOLCE STILE ETERNO (Le più belle pagine in rima della poesia italiana del XX Secolo).
Per aprire questa rassegna avevo scelto ARDENGO SOFFICI che si prestava benissimo all'operazione in
quanto anagraficamente risultava il poeta più anziano della serie (essendo nato a Rignano sull'Arno il 17 Aprile
del 1879) e perché la poesia che riportavo mi sembrava adattissima per introdurre il discorso sul nostro
Novecento.
"VIA" si sviluppa in una serie di undici quartine di versi metricamente non tutti uguali, perché ad
una prevalenza di "novenari" si frappongono irregolarmente alcuni "ottonari" e due
"decasillabi". Il carattere più unitario, formalmente, sta invece nel fatto che in tutte le quartine i
due versi centrali risultano sempre rimati tra loro e il quarto sempre tronco.
In questa poesia compaiono moltissimi elementi dell'arte futurista centrati dall'occhio pittorico del poeta.
Tutto un mondo si muove insieme ai personaggi centrali (l'autore che passeggia in compagnia di Aldo
Palazzeschi in un quartiere periferico di Firenze) uomini, animali, piante e loro accessori: giornale , bicicletta,
sigaretta, monocolo, carrozza, ecc. ben inseriti nell'ambiente che è LA VIA con i suoi lampioni, i giardinetti, le
insegne dei negozi e le case descritte nei particolari, portoni, vetrate, balconi, finestre e gabbie dei canarini.
E' un'esplosione di colori e allegria sui quali irrompe, genialmente imprevedibile, la voce dell'organetto che
conduce a una soluzione di sapore "crepuscolare" "Peccato la malinconia/ s'era invitata da
se...".
ARDENGO SOFFICI pittore, poeta e prosatore fu uno dei protagonisti di primo piano dell'arte del nostro secolo.
Dopo aver frequentato l'Accademia delle Belle Arti a Firenze, nel 1900 volle salutare il nuovo secolo
trasferendosi a Parigi, attratto dai nuovi fermenti artistici che animavano la capitale francese, e lì conobbe
personaggi del calibro di Apollinaire, Braque, Picasso, Matisse, ecc. Tornato in Italia, qualche anno dopo, si
legò in amicizia con Giovanni Papini e con altri esponenti del "futurismo moderato fiorentino"
collaborando a giornali storici tipo IL LEONARDO, LA VOCE e quindi LACERBA (1913).
Operò per tutta la prima metà del secolo, poi si ritirò in un volontario esilio, nella casa di Poggio a Caiano. Si
spense il 19 Agosto 1964.
VIA
Palazzeschi, eravamo tre,
Noi due e l'amica ironia,
a braccetto per quella via
Così nostra alle ventitré.
Il nome, chi lo ricorda?
Dalle parti di san Gervasio;
Silvio Pellico o Metastasio;
C'era sull'angolo in blù.
Mi ricordo però del resto:
L'ombra d'oro sulle facciate,
Qualche raggio nelle vetrate;
Agiatezza e onorabilità
Tutto nuovo, le lastre azzurre
Del marciapiede annaffiato,
Le persiane verdi, il selciato,
I lampioni color caffè;
Giardinetti disinfettati,
Canarini ai secondi piani,
Droghieri, barbieri, ortolani,
Un signore che guardava in sù,
Un altro seduto al balcone,
Calvo, che leggeva il giornale,
Tra i gerani del davanzale
Una bambinaia col bebè;
Un fiacchiere fermo a una porta
Col fiaccheraio assopito,
Un cane barbone fiorito
Di seta che ci annusò;
Un sottotenente lucente,
Bello sulla bicicletta,
Monocolo e sigaretta,
Due preti, una vecchia, un lacchè.
- Che bella vita - dicesti -
Ammogliati, una decorazione,
Qui tra queste brave persone,
I modelli delle città.
Che bella vita fratello! -
E io sarei stato d'accordo;
Ma un organetto un po' sordo
Si mise a cantare: "Ohi Marì.."
E fummo quattro oramai
A braccetto per quella via.
Peccato! La malinconia
S'era invitata da se.
Ardengo Soffici
(da "Marsia e Apollo" - Ediz. Vallecchi).
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