Le rubriche

Piccola Storia della Poesia Italiana

di Mario Macioce

tratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze

 

II parte

Siamo ora ad uno dei grandi momenti della poesia italiana: il "Dolce stil novo".
Questo movimento, tipicamente fiorentino, ha come primo esponente ... un bolognese: Guido Guinizelli, nato tra il 1230 e il 1240, morto nel 1276. Di lui, giudice, poi esiliato per motivi politici, vediamo una strofa (perché è piuttosto lunga) della canzone

"Al cor gentil rempaira (=ritorna) sempre amore"

Al cor gentil rempaira sempre amore,
come l' ausello in selva a la verdura,
né fe' amor anti che gentil core,
né gentil core anti ch' amor, natura:
ch' adesso con' fu 'l sole,
sì tosto lo splendore fu lucente,
né fu davanti 'l sole;
e prende amore in gentilezza loco
così propïamente
come calore in clarità di foco.
. . . . . .

Questo testo è un po' oscuro (e ancora di più lo è in altre parti), perché Guinizelli fa, in un certo senso, la filosofia dell' amore, usando il modo di ragionare ed il linguaggio, per noi contorti e complicati, propri delle dissertazioni del medio evo sui grandi temi filosofici ed esistenziali. Il significato è questo:

L' amore torna sempre al cuore gentile, come l' uccello torna nel bosco nel folto della vegetazione, né la natura fece l' amore prima che il cuore gentile, né il cuore gentile prima che l' amore (in altre parole l' uno senza l' altro non può esistere): perché appena fu il sole, subito il suo splendore fu luminoso, né il sole venne prima (che apparisse lo splendore); e l'amore prende posto nell' animo gentile così naturalmente come il calore nella luminosità del fuoco.

Quanto alla metrica, si tratta di strofe di 10 versi ciascuna, misti endecasillabi e settenari. L' andamento delle rime è A B A B c D c E d E (le lettere maiuscole si riferiscono agli endecasillabi, le minuscole ai settenari; ovviamente a lettere uguali corrispondono versi rimati fra loro).

 

Al Dolce Stil Novo appartennero, oltre a Dante giovane, i suoi amici Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, Cino da Pistoia e altri; furono vicini allo Stilnovismo anche poeti noti per la loro carica di realismo popolareggiante e a volte violento, come Cecco Angiolieri (ricordate la celeberrima "S' i' fosse fuoco arderei 'l mondo" ?)
Di Guido Cavalcanti è la famosa ballata scritta durante l' esilio a Sarzana, nell' anno 1300:

Perch' i' no spero di tornar giammai,
ballatetta, in Toscana
va tu, leggera e piana,
dritt' a la donna mia
che per sua cortesia
ti farà molto onore.

Tu porterai novelle 1 di sospiri,
piene di doglia 2 e di molta paura;
ma guarda che persona non ti miri
che sia nemica di gentil natura: 3
ché certo per la mia disavventura
tu saresti contesa,
tanto da lei ripresa 4
che mi sarebbe angoscia;
dopo la morte, poscia,
pianto e novel dolore. 5
.......
Deh! ballatetta, alla tua amistate 6
quest' anima che trema raccomando:
menala teco ne la sua pietate 7
a quella bella donna a cui ti mando.
Deh! ballatetta, dille sospirando,
quando le se' presente:
Questa vostra servente
vien per istar con vui, 8
partita da colui
che fu servo d' Amore
.......

1 novelle = notizie
2 doglia = dolore
3 guarda che ... natura = attenta che non ti veda qualche persona che sia nemica dell' animo nobile
4 saresti ... ripresa = saresti ostacolata e tanto rimproverata da tale persona
5 dopo la morte ... dolore = e anche dopo morto (ne avrei) pianto e nuovo dolore
6 amistate = amicizia
7 menala ... pietate = conducila con te, nel suo stato pietoso
8 per istar con vui = per stare con voi

Cavalcanti riuscì a tornare nella sua Firenze, ma ormai minato dalla malaria, contratta in esilio, per morire due mesi dopo, poco più che quarantenne.

 

DANTE ALIGHIERI

Spesso sono tentato di considerare Dante il primo dei grandi poeti italiani e ... l' ultimo.
In realtà ci sono stati ottimi poeti in ogni secolo, ma sarebbe arduo dimostrare che qualcuno è stato più grande e più completo di lui.

Dante nacque a Firenze nel 1265 da una famiglia della piccola nobiltà guelfa e aveva fra i suoi antenati un tal Cacciaguida, cavaliere, morto nella II crociata. Rimase presto orfano e visse l' infanzia in condizioni economiche modeste, ma riuscì ugualmente a farsi una buona cultura, che andò poi ampliando, tanto che la sua "Commedia", definita "divina" dal Boccaccio, non è soltanto un poema, ma in un certo senso la summa della cultura letteraria, politica, filosofica e religiosa del suo tempo.

Somiglia in questo ai grandi poemi del passato, come l'Iliade e l'Odissea, che pare fossero considerati dai Greci antichi, non tanto bei romanzi di avventure in versi, quali possono essere per noi, quanto una ricca raccolta di cultura, una sorta di enciclopedia. Attingevano infatti da essi una grande quantità di notizie sulla storia, sia pure romanzata, sulla geografia, sulla religione (con le vicende e i pettegolezzi sugli dei dell' Olimpo, che erano peggio dei personaggi di Beautiful), sull'arte della guerra e della navigazione, e perfino sull'agricoltura e su tante altre attività della vita di tutti i giorni.

In gioventù la vita di Dante fu segnata, oltre che dalla passione per la poesia e, ahimè, per la politica (che non gli portò che guai), da un amore idealizzato per una fanciulla bella e dolce, Beatrice, da lui conosciuta (non biblicamente!) a diciotto anni (l' aveva vista una prima volta nove anni prima).
In realtà Dante si sposò, ebbe tre figli, e certo conobbe avventure meno platoniche di quella con Beatrice; ma questa fanciulla, anche per il fatto di essere prematuramente scomparsa, rappresentò per lui l'immagine ideale della donna e dell' amore. Tanto che nella terza cantica della Divina Commedia, il Paradiso, la guida che lo accompagna per quasi tutta quest' ultima parte del suo cammino di redenzione, dal Paradiso Terrestre a quello Celeste, è proprio Beatrice.

A Beatrice è dedicato il famosissimo sonetto: "Tanto gentile e tanto onesta pare", dove "pare" ha il significato di "appare" e non, come qualche maligno pensa, di "sembra ... ma non è"!

Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand' ella altrui saluta,
ch' ogne lingua deven tremando muta
e li occhi no l' ardiscon di guardare.

Ella sen va, sentendosi laudare,
benignamente di umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no la può chi no la prova:

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d' amore,
che va dicendo a l' anima: Sospira.

Tanto gentile e tanto nobile appare la mia donna quando saluta qualcuno, che ogni lingua per l' emozione diviene muta e gli occhi non osano guardarla. Ella, sentendosi lodare, se ne va benevolmente vestita d' umiltà (ne ha piacere ma non s' inorgoglisce) e sembra una creatura venuta dal cielo sulla terra a mostrare un miracolo. Si presenta così bella a chi la guarda, che attraverso gli occhi dà al cuore una dolcezza, che non la può capire chi non la prova: e pare che dal suo viso si effonda uno spirito soave pieno d' amore, che va dicendo all' anima: sospira.