Le rubriche
Piccola Storia della Poesia Italiana
di Mario Macioce
tratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze
XII parte
Romanticismo e Classicismo
La prima metà dell'Ottocento fu attraversata, oltre che dalle
note vicende politico-militari (guerre napoleoniche, restaurazione degli
antichi regimi, moti rivoluzionari e indipendentisti) anche da una polemica
letteraria molto accesa, tra Romantici e Classicisti.
Il Romanticismo è un movimento nato negli ultimi anni del Settecento
nel nord Europa e in particolare in Germania e in Inghilterra, come
rivendicazione di cultura e tradizioni germaniche, in opposizione al
classicismo ispirato alla civiltà greco-romana che dominava la
cultura europea. Ma il distacco fu molto più netto: alla ragione
si contrappongono il sentimento e la fede, alle atmosfere solari quelle
cupe e drammatiche, alla mitologia greca le leggende medioevali e i
miti nordici, all'imitazione dei classici un rinnovamento di generi
e di stili, al rispetto dell'ordine costituito l'ansia di libertà
e di rivolta, al distacco dell'artista l'impegno politico.
I contrasti e le polemiche furono forti, anche se i grandi ne sono solo
sfiorati, perché personaggi come Foscolo, Manzoni, Leopardi emergono
talmente dalla massa dei poeti e letterati dell'epoca, da non poter
essere classificati in maniera riduttiva come appartenenti a una scuola
o ad un genere.
Il Romanticismo italiano, venuto più tardi come fenomeno d'imitazione
e che non aveva motivo di rinnegare le tradizioni greco-romane, essendo
quelle le nostre radici, si colorò d'impegno civile e politico,
prefigurando il Risorgimento, come abbiamo già visto in Berchet
e nello stesso Manzoni.
Questa infatti è anche l'epoca dei poeti patrioti, infiammati
dai moti insurrezionali e dall'inizio delle guerre d'indipendenza, come
Arnaldo Fusinato (1817-1889), Luigi Mercantini
(1821-1872) e Goffredo Mameli (1827-1849), autore delle
parole del nostro inno nazionale, piene d'ardore, ma scritte in fretta
e furia e molto datate, che sono il "tormentone" delle partite
internazionali di calcio ("le cantano o non le cantano?").
Venezia! l'ultima
ora è venuta;
illustre martire,
tu sei perduta ...
Il morbo infuria,
il pan ti manca,
sul ponte sventola
bandiera bianca!
(A. Fusinato - A Venezia)
Eran trecento e non voller fuggire,
parean tre mila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a loro correa sangue il piano:
fin che pugnar vid'io per lor pregai,
ma un tratto venni men, né più guardai:
io non vedeva più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d'oro.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
(L. Mercantini - La spigolatrice di Sapri)
Più vicino al gusto classicista (anche se in politica era un
patriota, malvisto dal governo austriaco) fu il sacerdote Giacomo
Zanella (1820-1888), autore fra l'altro della poesia Sopra
una conchiglia fossile nel mio studio, dal titolo insolitamente
lungo e dal ritmo molto accentuato.
Rugge notturno il vento
fra l'ardue spire del camino e cala
del tizzo semispento
l'ultima fiamma ad agitar coll'ala.
La tremebonda vampa
in fantastica danza i fluttuanti
sedili aggira e stampa
sull'opposta parete ombre giganti.
. . . . . . .
(G. Zanella - La veglia)
E' di questo periodo anche Giuseppe Giusti (1809-1850);
toscano della Val di Nievole, laureatosi con poco entusiasmo in Legge
a Pisa e tentata brevemente la professione, preferì dedicarsi
alla poesia, pur consapevole di non essere pari ai grandi che lo avevano
preceduto.
Ebbe però una fresca vena ironica e anche duramente sarcastica
verso l'autorità civile e religiosa, con una metrica molto ritmata
e rimata. Assai ammirato dai contemporanei, fu poi quasi ignorato e
ora alquanto rivalutato.
Poesie famose sono Il re travicello, satira sul potere irresoluto,
e Sant'Ambrogio, in cui, dopo un iniziale disgusto, prova comprensione
e simpatia per i soldati che l'Austria mandava da una parte all'altra
dell'Impero a tenere soggetti i popoli ("messi qui nella vigna
a far da pali").
Era un coro del Verdi; il coro a Dio
là de' lombardi miseri, assetati;
quello «O Signore, dal tetto natio»,
che tanti petti ha scossi e inebriati.
Qui cominciai a non esser più io;
e, come se que' cosi doventati
fossero gente della nostra gente,
entrai nel branco involontariamente.
Nella seconda metà dell'Ottocento si fa strada un movimento,
la Scapigliatura, che per certi aspetti conclude il
Romanticismo, per altri se ne distacca. Fu in realtà espressione
di tendenze non univoche, raccogliendo istanze di vario genere, da un
ritorno alla purezza del primo Romanticismo (individualismo e libertà
dell'artista) a un maggior interesse per le letterature europee dell'epoca,
alla critica politica e sociale per la realtà che si andava affermando.
Inoltre, come in ogni nuovo movimento letterario che si rispetti, c'è
insofferenza per la cultura "ufficiale" e ansia di rinnovamento.
(I giovani sono sempre convinti di valere di più di chi li ha
preceduti, e forse questa è la molla del progresso).
Tra gli esponenti di questo movimento, Emilio Praga,
milanese (1839-1875), Iginio Ugo Tarchetti, piemontese
(1841-1869), Arrigo Boito, padovano (1842-1918) e Giovanni
Camerana, piemontese (1845-1905). Il pessimismo, per
il rifiuto dei vecchi ideali, l'incapacità di elaborarne di nuovi
e la sfiducia nella società materialista ed egoista, portò
i primi due a morire giovani per effetto di una vita sregolata e Camerana
al suicidio. Boito invece, che divise i suoi interessi artistici tra
musica e poesia, si affermò come autore di opere liriche (fra
cui il Mefistofele) e di libretti (come Otello e Falstaff,
musicati da Verdi).
Canto le ebbrezze dei bagni d'azzurro,
e l'Ideale che annega nel fango ...
Non irrider, fratello, al mio sussurro
se qualche volta piango,
giacché più del mio pallido demòne
odio il minio e la maschera al pensiero,
giacché canto una misera canzone,
ma canto il vero!
(E. Praga - Preludio)
Quando bacio il tuo labbro profumato,
cara fanciulla, non posso obbliare
che un bianco teschio vi è sotto celato.
Quando a me stringo il tuo corpo vezzoso,
obbliar non poss'io, cara fanciulla,
che vi è sotto uno scheletro nascoso.
E nell'orrenda visione assorto,
dovunque o tocchi, o baci, o la man posi,
sento sporger le fredde ossa di un morto.
(I. U. Tarchetti - Memento)
(Dove si dimostra che alle modelle anoressiche oggi di moda è
preferibile una Marini, con cui certi lugubri pensieri sarebbero del
tutto fuori luogo!)
Credo in un Dio crudel che m'ha creato
simile a sé, e che nell'ira io nomo.
Dalla viltà d'un germe o d'un atòmo
vile son nato.
Son scellerato
perché son uomo;
e sento il fango originario in me.
Sì! questa è la mia fe'!
(A. Boito - Il "Credo" di Iago dall'Otello)
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