Le rubrichePiccola Storia della Poesia Italianadi Mario Maciocetratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze
XIX parte (19) Una delle voci più significative del Novecento è quella di Umberto Saba (Trieste 1883 - 1957): al cognome del padre (Poli), che se n'era andato prima ancora della sua nascita, preferì lo pseudonimo, derivato dal cognome della nutrice slovena che lo aveva allevato amorevolmente. Diviso e anche turbato dall'amore intenso ma così diverso delle due madri, la nutrice, cattolica, e l'austera mamma ebrea, oltre che dall'abbandono paterno, ebbe problemi psicologici e crisi depressive. Partecipò alla prima guerra mondiale; poi si dedicò senza entusiasmo al commercio, perché il vero interesse era la poesia, e cantò spesso la sua Trieste e le donne della sua vita: la moglie Lina e la figlia. Dopo il 1938 dovette fuggire e nascondersi per le leggi razziali. Perseguì una poesia che si movesse nel solco della tradizione italiana, che fosse sincera, cioè legata alle vicende della vita, alla quotidianità, ai sentimenti veri, e che fosse anche chiara, in polemica con l'ermetismo che si andava affermando; e seppe fare poesia anche con argomenti poco poetici, come il gioco del calcio. Da "Casa e campagna", l'inizio di A mia moglie, la curiosa lirica in cui paragona, affettuosamente, la moglie Lina a una serie di femmine di animali: Tu sei come una giovane, e La capra : Ho parlato a una capra. Quell'uguale belato era fraterno In una capra dal viso semita Ho attraversato tutta la città. Ed amai nuovamente; e fu di Lina Trieste è la città, la donna è Lina, Ogni altro conobbi umano amore; Per l'altezze l'amai del suo dolore;
Di tutt'altro genere la poesia di Piero Jahier, nato a Genova nel 1884, vissuto a lungo a Firenze (collaborò alla rivista La voce ), dove morì nel 1966. Volontario nella prima guerra mondiale, scrisse in prosa e in "versi liberi", come in Dichiarazione , di cui riporto l'inizio: Altri morirà per la Storia d'Italia volentieri e forse qualcuno per risolvere in qualche modo la vita.
Più vicino alla tradizione, Arturo Onofri (Roma 1885-1928); fu impiegato della Croce Rossa, fondò la rivista Lirica , collaborò alla Voce e scrisse numerosi libri di poesie. Da "Vincere il drago", questo sonetto: La terra sogna l'ultime farfalle Volano, insieme con le foglie gialle, Battono l'ali pavide, al riparo Umida luce ombreggia di viola
E siamo a Dino Campana, nato nel 1885 a Marradi, nell'enclave toscana in terra di Romagna. Ebbe gravi turbe mentali e fu più volte ricoverato in manicomio, vagò in Europa e in Sudamerica, cercando una pace che non trovava, ebbe una tempestosa relazione con la poetessa Sibilla Aleramo; morì nel manicomio di Castel Pulci nel 1932. Irrequieto come la vita è il suo stile, che spazia dal verso libero alla metrica rimata. Tratta da "Inediti", Donna genovese : Tu mi portasti un po' d'alga marina
Coetaneo di Campana (e di Vallini, Onofri, Cavacchioli, Giotti, Palazzeschi e Moretti: annata buona il 1885!) è Clemente Rebora, nato a Milano e morto a Stresa nel 1957; fu insegnante, traduttore di autori russi, combattente nella I guerra mondiale; nel '36 fu ordinato sacerdote. Pubblicò da giovane due raccolte di poesie, ma poi tornò a scriverne solo negli ultimi anni. Da “Frammenti lirici” (1913), un sonetto: Fluì soavemente una malia e sulla faccia parve leggiadria D'un così intenso amor alato cinsi ma quando alfin discesi alla scaltrezza
|